La Festa degli alberi “Tu Bi’Shvat”
Anche a Cagliari è stata celebrata la Festa degli alberi “Tu Bi’Shvat”.
La festa degli alberi non è una festa sacra, ma per la comunità ebraica è altrettanto importante. Nella sede dell’associazione Chenàbura di Cagliari, domenica 5 febbraio, si è voluto ricordare il significato di questa ricorrenza nella quale si usa mangiare frutta di ogni varietà sia fresca che secca disposta ordinatamente in un grande piatto, secondo un preciso ordine.
Tu Bi’Shvat ha un significato profondo, non solo perchè ricorda lontani progrom, ma anche quello più recente della Shoa.
Ha provato a spiegarlo in un articolo l’ex ambasciatore di Israele Dror Eydar ospite nell’isola e dell’associazione lo scorso giugno.
Secondo Dror Eydar la festa non è soltanto un ricordo di ciò che ha profetizzato Ezechiele in Babilonia (attuale Irak), 2500 anni fa, in mezzo ai profughi e esiliati ebrei dalla Giudea (era il 570 a.C.), ma anche un segno della grande impegno degli ebrei nei ocnfronti della natura.
Nel suo articolo l’ambasciatore richiama la profezia della “Valle delle ossa Secche” e poi l’ altra profezia sempre di Ezechiele che parla del “ Vento che porterà le ossa secche dalle tombe e le poserà in Israele piena di alberi da frutta”. È il ritorno degli ebrei dalle diaspore di Babilonia (Ciro il Persiano) e Herzl nel 1900, dalla diaspora Europea dopo 2000 anni.
E qui entra l’inno di Umber “Hatikva” di pari età per scaldare i corpi e le ossa secche e bruciate nelle camere a gas e crematori di AUSCHWITZ per il secondo ritorno degli ebrei dopo la Shoà e il ritorno di Israele (Palestina – Terra Santa) alla “Terra promessa stillante latte e miele” , come si legge nella Bibbia orale del 1400 a.C.
Ricorda Dror Eydar: “da bambini andavamo a Tu’Bishvat in fila vestiti in Chaki o bianco – celeste con i vecchi del paese in testa e i maestri e le maestre con le zappe in mano e noi con le piantine (carrube o pini ) verso una collina di Zikhron cantando le canzoni di Tu Bi’svat per piantare nelle buche già pronte, con l’aiuto dei nonni, e ricevere dall’austero direttore le buste di carta con 2 carrube, 1 dattero e 2 fichi secchi, cantando di ritorno “Evenu Shalom Alechem”.
Questo succedeva prima dello Stato di Israele del 1947.
BIGI poi mandava i nuovi immigrati dai paesi arabi a piantare alberi in tutta Israele, cosi sono nate le foreste della Galilea, quelle attorno a Jerusalem e nel Neghev che ogni volta faccio notare, con orgoglio, anno dopo anno alla “povera” Donata le piccole piantagioni nei wadi.
Era il KKL il fondo mondiale ebraico che pensava di coprire la Palestina, poi Israele di verde.
I Turchi nel secoli pensavano solo di abbatterli gli albeeri per fare carbone, e gli arabi con le capre nere a distruggere ogni macchia mediterranea.
Mark Twain nel 1867 visitando la Palestina l’ha descritta “la più desolata dei Paesi del mondo e senza speranza”. Questo era vero prima dell’arrivo dei pionieri ebrei dall’Est Europa, nel 1880, e la prima cosa che hanno fatto fu piantare alberi.
I villaggi ebrei sono immersi nel verde, quelli arabi senza giardini e piante, salvo i loro orti. Mentalità radicata. Così sono.
Nei disordini arabi in Palestina sotto gli Inglesi nel 1936 -1939 gli arabi hanno bruciato tutte le foreste di KKL in Galilea.
Oggi, forse c’è ancora qualche villaggio ebraico che ancora fa quanto ho descritto, ma certamente non nelle città o villaggi religiosi – “Il cattivo dirà: troppa fatica” (meglio stare nel HEDER a leggere la Bibbia o Talmud).