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Qui sono racchiusi anni di studi sulla comunità ebraica vissuta a Cagliari e nel resto dell’isola tra il XIV e il XV secolo e che hanno lasciato una importante eredità culturale nel popolo sardo. Studi in gran parte effettuati da  Cecilia Tasca docente del Dipartimento di Storia e Cultura del Territorio nell’Ateneo sardo e già raccolti in numerosi libri e saggi, ma che ora possono finalmente divenire fruibili a chiunque, attraverso questo portale di facile accesso, sostenuto dall’Amministrazione comunale del capoluogo sardo.

Qui vi si trovano atti notarili, rogiti e documenti che attestano le vicende commerciali e umane delle famiglie ebree vissute nell’isola prima della diaspora del 1492. Nomi e cognomi il cui eco è rimasto tra i sardi di oggi che forse, grazie a questo sito ritroveranno radici lontane ormai dimenticate o rimaste nella leggenda della storia di famiglia.

Una piattaforma  che nasce proprio dalla volontà di rinsaldare un legame che non si è mai interrotto, dalla volontà di unire il passato con  il presente, seguendo le indicazioni del Comune di Cagliari che con una delibera del 26 ottobre del 2020 ha dichiarato come la storia della comunità ebraica del capoluogo debba divenire parte integrande dell’identità cittadina, da riscoprire e valorizzare.

Ed in realtà la storia che ora rinasce questo racconta: quella comunità ebraica vissuta tra il XIV e il XV secolo lasciò un importante eredità in una città, divenuta  finestra della Sardegna verso il Mediterraneo ed il mondo, porta d’ingresso di popoli e culture che ne hanno forgiato l’identità attuale come luogo  inclusivo, ospitale e produttivo.

Gli ebrei arrivarono nell’isola insieme ai Fenici, ma le prime testimonianze della loro presenza si ebbero a partire dalla  rifondazione di Castello da parte dei Pisani. La comunità ebraica si raccolse attorno all’attuale via Santa Croce, per poi integrarsi ad una analoga e più forte comunità ebraica venuta in Sardegna a seguito dei conquistatori catalani e grazie ad un regime franco ritenuto indispensabile per ridare vita al commercio e alle attività finanziarie del Regno di Sardegna.

Si pensa che nel periodo di maggiore espansione la comunità costituisse circa il 10% della popolazione di Cagliari. Della sua presenza prima della espulsione nel 1492 rimangono forti tracce culturali identitarie, sia nella lingua, basti pensare al Venerdì in sardo chiamato Cenabara, cioè la Cena pura ebraica o al mese di settembre che sempre in sardo è Cabudanni cioè il Capodanno ebraico o ancora alla trottola de su barraliccu che si gioca a Cagliari e nelle comunità ebraiche in tutto il mondo a Dicembre per la festa di Chanukkah, durante il solstizio d’inverno e in quasi coincidenza con le festività natalizie. Non solo anche la cultura enogastronomica annovera piatti di derivazione ebrea, si pensi alla panada campidanese o alla bottarga (uova di pesce essiccato presenti anche nei menu degli ebrei sefarditi).  Molte anche le consuetudini e i rituali religiosi che vengono ripetuti da secoli, ma che hanno una forte radice biblica, base portante della cultura e religiosità cattolica.

Simcha Jacobovici, regista israeliano-canadese pluripremiato, ha svelato un’affascinante teoria che lega la Sardegna e il popolo ebraico. La sua curiosità è stata accesa dalle scuse della città di Alghero per l’espulsione degli ebrei nel 1492, evento che lo ha spinto a indagare su legami ben più antichi.

In un suo articolo per il World Jewish, Jacobovici ha ripreso le ipotesi del professor Adam Zertal dell’Università di Haifa, secondo cui il sito di El-Ahwat, in Israele, sarebbe stato un avamposto sardo nel XIII secolo a.C. Questa teoria si basa su un passo della Bibbia, nel libro dei Giudici, che descrive una guerra tra il generale Barak e il comandante cananeo Sisera. Secondo Zertal, Sisera era sardo e El-Ahwat la sua roccaforte.

Se confermata, questa teoria porterebbe il contatto tra sardi ed ebrei a 3.300 anni fa, un legame antichissimo che Jacobovici ha voluto portare alla luce.

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Il libro “La cucina marrana in Sardegna”, scritto da Alessandra Addari, Mario Carboni, Camilla Massa e Amleto Elia, si propone, a partire dai principali piatti sardi, di ritrovare quelle radici ebraiche che si nascondono nella loro misteriosa genesi.

Dopo una breve introduzione sulla storia degli ebrei in Sardegna, si accenna alla storia della cucina nel basso Medioevo, consultabile negli archivi di Stato, grazie all’opera di  Gabriella Olla Repetto e Carla Ferrante. Infine il libro si dedica alle somiglianze tra i nostri piatti e quelli della tradizione ebraica. Tra le interessanti ricette proposte nel piccolo ricettario incluso nel libro, quella de su pane ‘e saba.

PANE MARRANU CUN SABA DE CANNONAU

Non molti sanno che in Sardegna su pane ‘e saba ha origine ebraica o meglio marrana, cioè degli ebrei convertiti a forza.
Era il pane che i marrani preparavano di nascosto per la sera del Venerdì, in sardo Chenàbura, per poter dissimulare durante la cena dello Shabbath e durante il Sabato lo spezzare e distribuire fra i presenti il pane con il sale assieme alla benedizione del vino.
Siccome non era possibile avere il vino Kasher come prima della cacciata del 1492 quando s’importava o si produceva nella Comunità, nei primi tempi si rendeva puro il vino prodotto da non ebrei riscaldandolo quasi a bollitura e raffreddandolo per poterlo poi bere.
In seguito fu più comodo produrre lo sciroppo di mosto chiamato saba che ritenevano potesse essere vino yayin mevushal e quindi Kasher.
Si trattava di un pane di festa in sostituzione della Challah tradizionale a forma di treccia , non più chiaro anche se di semola di grano duro e divenuto scuro per il colore della saba.
Il pane era arricchito di spezie e di mandorle, nocciole, pistacchi macinati e frutta candita, a volte i più temerari imprimevano una Menorah con una pintadera ma era molto pericoloso perché poteva venir a conoscenza anche per una spiata dall’Inquisizione sempre in cerca di Marrani da perseguitare e per così poco si rischiava il rogo destinato agli apostati.
Col trascorrere dei secoli e con l’integrazione dei Marrani con i sardi, questo pane si trasformò in una sorta di dolce, come oggi lo conosciamo, molto ricco di frutta secca, canditi ed altro e con una proporzione molto alta di saba rispetto alla farina tanto da impedirne la fermentazione e quindi non più spugnoso e ormai abbastanza duro tanto da richiedere una certa forza per tagliarlo col coltello.
Dopo un paio di prove sono riuscito a produrre un vero pane alla saba, con le giuste proporzioni, come era in passato su pane marranu.

Dosi:
500gr di semola rimacinata di  grano duro
300 gr di saba di cannonau
100 gr di acqua
2 cucchiai di olio evo Kasher ogliastrino
1 cucchiaio di zucchero di canna
70 gr di granella di mandorle, nocciole e pistacchio
20 gr di lievito in polvere per pane
Il tutto lavorato sino a cottura dalla mia fedele macchina per il pane in posizione ben cotto.

Il risultato è stato eccellente e malgrado abbia scelto di non aggiungere spezie il profumo ha invaso la casa e il sapore e la consistenza mi hanno soddisfatto.
La prossima volta proverò con 50 gr di acqua in più nella speranza che venga leggermente più spugnoso.

Il nome Sinnai, un piccolo comune sardo, racchiude in sé un mistero affascinante, un enigma che ha incuriosito storici e linguisti per secoli. Tra le diverse teorie sull’origine del toponimo, una delle più suggestive e intriganti è quella che lo lega a una comunità ebraica deportata in Sardegna circa duemila anni fa.

La Teoria del Monte Sinai

Secondo questa ipotesi, un gruppo di ebrei, trasferiti in Sardegna durante il regno dell’imperatore Tiberio, avrebbe trovato rifugio nelle zone oggi occupate dai comuni di Sinnai e Maracalagonis. Colpiti dalla somiglianza tra le montagne del Serpeddì e il Monte Sinai, luogo sacro della loro fede, avrebbero battezzato la nuova terra con il nome della loro montagna.

Questa suggestiva somiglianza tra il paesaggio sardo e quello mediorientale è supportata anche da altre corrispondenze geologiche, come il massiccio di granito di Mont’e Xena (o Monte Genis), che conserva toponimi evocativi come “Matt’e Abramu”, “Bruncu Adamu” e “Bruncu Salamu”.

Altre Teorie e Influenze

Oltre alla teoria del Monte Sinai, esistono altre affascinanti ipotesi sull’origine del nome Sinnai. Una di queste lo lega a una pratica antica di marchiare il bestiame, derivandolo dal verbo sardo “sinnāi”, che significa “segnare”.

Un’altra teoria, avanzata dall’archeologo Giovanni Spano, suggerisce che il nome possa derivare dalla radice “SCIN”, comune in località situate vicino a dirupi o formazioni rocciose, o dal termine fenicio “SINA”, che significa “rovo” o “arbusto”.

Infine, la radice “Sin” appare frequentemente in tutta la Sardegna, spesso a indicare aree di confine o zone particolarmente impervie.

Un Mosaico di Culture e Tradizioni

La pluralità di queste teorie riflette la ricchezza storica e culturale della Sardegna, un’isola in cui tradizioni antiche e influenze esterne si sono intrecciate nel corso dei secoli, lasciando tracce indelebili nei toponimi e nelle storie locali.

Il nome Sinnai, è un esempio di come la storia e la cultura di un luogo possano essere stratificate e complesse, un mosaico di influenze che ci invita a esplorare il passato per comprendere meglio il presente.

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Finalmente tradotto in italiano un libro che ha illuminato la fantasia di tanti archeologi sardi. Adam Zertal, noto archeologo israeliano, ferito, ma non domo nella guerra dei sei giorni era molto legato alla Sardegna e soprattutto ai suoi nuraghe.
Famoso per i suoi studi biblici aveva ritrovato negli scavi effettuati in Israele riscontri di alcuni racconti riportati nei testi sacri. Tra questi vi era quello della giudicessa Deborah che uccise un condottiero straniero, permettendo alle tribù israelite di avere la meglio sui loro nemici.
Secondo l’archeologo ad Al Awat, una zona archeologica della Samaria, il popolo degli Shardana avrebbe costruito alcuni nuraghe e per questo cominciò a cercare con viaggi ripetuti tra Israele e la Sardegna i legami tra il popolo degli Shardana e gli israeliti. Ricerche a cui hanno collaborato Giovanni Ugas dell’Università degli studi di Cagliari e alcuni studenti con una delegazione che partì in Samaria a coadiuvare gli scavi. Di tutto questo si è parlato in un convegno tenutosi a Cagliari nell’ottobre del 2023 qualche giorno dopo il terribile massacro del 7 ottobre 2023. Nonostante questo gli ospiti che sarebbero dovuti intervenire in presenza parteciparono agli studi da remoto.
Quest’anno per via dell’interesse suscitato dall’argomento l’associazione Chenàbura ha pensato di tradurre il libro scritto da Adam Zertal prima della sua morte, avvenuta nel 2021, “The Sisera’s secret”.

Il libro “La Cucina Ebraica in Sardegna. L’eredità della Diaspora nella tradizione sarda”, scritto da Alessandra Addari, Mario Carboni, e Aymen Bichiou, ricerca, così come suggerito dal titolo, le tracce lasciate nella cucina tradizionale sarda dalla presenza ebraica sull’isola.

Qui di seguito, un estratto a cura di Alessandra Addari sulla bottarga.

La Bottarga
A cura di Alessandra Addari
La bottarga è una prelibatezza conosciuta in tutto il bacino del Mediterraneo. Anche nella comunità ebraiche.
Nell’isola probabilmente venne fatta conoscere dai commercianti fenicio punici che si erano insediati nel golfo dell’oristanese, a Tharros. Si tratta di uova di muggine, tonno, molta o pesce spada salate e lasciate essiccare almeno quattro o cinque mesi sotto un peso. Anticamente anche nell’isola venivano utilizzate soltanto dalle piccole comunità di pescatori e fino agli anni ‘70 non era un cibo diffuso in tutta l’isola.

Si trattava più che altro di un alimento che un tempo gli uomini di mare imbarcati e ai quali spettavano di diritto le interiora dei pesci, preparavano per affrontare i lunghi giorni trascorsi a pesca. Si tratta però di una preparazione antichissima, probabilmente arriva dagli arabi che con il nome battarikh, progressivamente diffusero il prodotto in tutto il Mediterraneo. Certo è che come sempre gli ebrei che facevano proprie alcune usanze dei luoghi in cui erano transitati, contribuirono a diffonderne l’uso.
Così per la bottarga di cui particolarmente gli ebrei di origine Nord Africana sono ghiotti.

Le prime notizie ufficiali del consumo di questo prodotto si hanno nel 1386 quando in un documento ufficiale si parla di una nave corsara catalano – aragonese che catturò un veliero in uscita dal porto di Oristano carico di “anguilla salada e bottarghe”.
In lingua sarda il termine utilizzato è butàriga che è evidentemente molto vicino per suono a quello arabo, battarik. Qualunque ne sia l’origine oggi la bottarga prodotta nell’isola in particolare a Alghero, Carloforte, Sant’Antioco, San Teodoro, Cabras, Porto Pino, Cagliari e Tortolì è considerata l’oro dei sardi. La si consuma come antipasto, tagliata a fettine e ammorbidita con olio extravergine su un letto di carciofi o addirittura inserita nei fichi freschi di stagione.
Rinomata è la pasta con la bottarga o anche il curioso abbinamento di cicoria e bottarga.

SPAGHETTI ALLA BOTTARGA
INGREDIENTI (per 4 persone):
400 gr spaghetti n. 5
2/3 teste d’aglio
1 scalogno piccolo
olio extravergine

La preparazione è abbastanza semplice, mentre l’acqua è in ebollizione versate gli spaghetti e in contemporanea fate soffriggere 2-3 cucchiai d’olio, l’aglio in camicia leggermente schiacciato con lo scalogno finemente tritato. Grattugiate la bottarga nella quantità
desiderata.
Quando gli spaghetti sono cotti scolateli, conservando un po’ di acqua di cottura, e trasferiteli direttamente nel tegame con l’olio.
Fate saltare qualche istante in modo che la pasta resti condita in modo omogeneo e cospargetela con la bottarga grattugiata. Mescolate velocemente, unendo un filo d’acqua di cottura per creare una sorta di crema e spegnete il fuoco, servite e a questo punto aggiungete in ogni piatto alcune scaglie di bottarga.

La Sardegna, rinomata per le sue spiagge incantevoli e i parchi naturali ricchi di biodiversità, offre molto più di una semplice vacanza balneare. Tra le sue meraviglie, si cela un passato ebraico affascinante, con tracce che risalgono all’epoca romana.

Mentre Alghero conserva testimonianze della presenza ebraica medievale, grazie alla partecipazione di soldati ebrei alla conquista aragonese, è Sant’Antioco a custodire le vestigia più antiche. Questa piccola isola, situata nel sud della Sardegna, è un vero e proprio scrigno di storia.

Sant’Antioco è famosa per le sue catacombe, risalenti all’epoca romana. Tra queste, gli archeologi hanno scoperto catacombe con iscrizioni ebraiche, o meglio, in giudeo-latino, una lingua ormai estinta. Queste iscrizioni, che sembrano datare al IV o V secolo, rappresentano una testimonianza unica della presenza ebraica sull’isola in tempi antichi.

Le catacombe di Sant’Antioco, oggi accessibili ai visitatori, offrono un’immersione suggestiva nel passato. Passeggiando tra i cunicoli sotterranei, si possono ammirare le antiche iscrizioni, un ponte tra il presente e una comunità ebraica che ha vissuto qui secoli fa.

La scoperta di queste catacombe conferma l’importanza di Sant’Antioco come crocevia di culture nel Mediterraneo antico. L’isola, con la sua posizione strategica e la sua ricca storia, ha attirato popolazioni diverse, lasciando un’eredità culturale che continua a stupire e affascinare.

Oltre alle catacombe, Sant’Antioco offre ai visitatori paesaggi mozzafiato, spiagge incontaminate e tradizioni locali autentiche. Un viaggio in questa isola sarda è un’occasione per scoprire un lato meno conosciuto della Sardegna, un’isola che custodisce segreti millenari.

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Alghero, con il suo fascino catalano e le spiagge da sogno, nasconde un capitolo affascinante della storia ebraica in Sardegna. Nel cuore della città, tra vicoli lastricati e antiche mura, si respira ancora l’eco di una comunità che ha lasciato un segno indelebile.

La presenza ebraica ad Alghero risale al XIV secolo, quando la città fu conquistata da Pietro IV d’Aragona. Soldati, mercanti e artigiani ebrei si stabilirono qui, portando con sé tradizioni e competenze che arricchirono la vita cittadina. Nel 1381, fu costruita una sinagoga, seguita quattro anni dopo da un cimitero ebraico, testimonianze tangibili di una comunità in crescita.

Gli ebrei di Alghero contribuirono attivamente allo sviluppo economico della città, finanziando opere pubbliche e partecipando al commercio marittimo. Le loro abilità artigianali e commerciali erano apprezzate, e le buone relazioni con la corona d’Aragona garantirono loro una relativa tranquillità.

Tuttavia, la situazione cambiò drasticamente alla fine del XV secolo, con l’avvento dell’Inquisizione. Nel 1492, l’editto di espulsione costrinse gli ebrei di Alghero a lasciare la città, disperdendosi verso altre destinazioni. Alcuni scelsero la conversione per rimanere, ma la comunità ebraica di Alghero cessò di esistere.

La memoria di questa comunità è stata riscoperta solo di recente. Nel 2013, il sindaco di Alghero ha espresso pubblicamente le sue scuse alla comunità ebraica per le ingiustizie subite durante l’Inquisizione. In quell’occasione, è stata inaugurata la “Plaça de la Juharia”, una piazza che ricorda l’antico quartiere ebraico e la sinagoga scomparsa.

Oggi, passeggiando per i vicoli di Alghero, è possibile immaginare la vita di questa comunità, tra le case in pietra e i negozi che un tempo animavano il quartiere ebraico. Le tracce del passato riemergono tra le pietre, invitando a riflettere sulla ricchezza e la complessità della storia di questa città.

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La Sardegna, spesso identificata con la scintillante Costa Smeralda, cela un patrimonio storico e naturale che merita di essere scoperto. Oltre alle spiagge da sogno e ai resort di lusso, l’isola custodisce antiche città, tradizioni millenarie e un passato ebraico sorprendentemente ricco.

A Cagliari, la capitale, le tracce di una comunità ebraica fiorente si intrecciano con la storia della città. Passeggiando per le vie del centro, si incontra il “Ghetto degli Ebrei”, un quartiere che testimonia la presenza ebraica dal XIII al XV secolo. La Basilica di Santa Croce, un tempo sinagoga, è un altro luogo di interesse storico.

Il Castello, la cittadella medievale che domina la città, offre una vista panoramica mozzafiato. Tra le sue mura, si respira un’atmosfera antica, ma viva, grazie alla presenza dell’università e delle abitazioni private. Le torri pisane, come la Torre dell’Elefante, narrano storie di prigionia e di dominazione spagnola. La Cattedrale di Santa Maria, con la sua architettura stratificata, è un esempio affascinante delle diverse epoche storiche.

A breve distanza da Cagliari, sorge Nora, un’antica città fenicia e romana. Le rovine, in parte sommerse, svelano mosaici ben conservati, terme e un piccolo teatro. Un tour di snorkeling permette di esplorare la città sommersa, mentre la vicina spiaggia offre un momento di relax.

Lontano dalla costa, l’entroterra sardo rivela paesaggi selvaggi e tradizioni autentiche. Un’escursione sul Monte Santo di Pula, a bordo di un fuoristrada, conduce a un altopiano dove il tempo sembra essersi fermato. Qui, si incontrano pastori che producono il pecorino secondo metodi antichi, un’esperienza sensoriale indimenticabile.

La Sardegna autentica è un viaggio attraverso il tempo e lo spazio, un’esperienza che va oltre i cliché turistici, alla scoperta di un’isola ricca di storia, natura e tradizioni.

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La Sardegna, un’isola rinomata per la sua bellezza ultraterrena, seconda solo alla Sicilia per dimensioni nel Mediterraneo, ha attirato nel corso dei secoli numerose ondate di invasori. Fenici, Cartaginesi, Romani, Bizantini, Arabi, le città-stato italiane di Pisa e Genova, e il Regno spagnolo d’Aragona si sono succeduti nel dominio dell’isola. Anche Garibaldi, affascinato dalla sua bellezza, scelse di trascorrere gli ultimi anni della sua vita a Caprera, in Sardegna.

Nonostante sia famosa per le sue spiagge e i resort di lusso, la Sardegna custodisce gelosamente i suoi antichi segreti. Tuttavia, per i pellegrini della storia ebraica, questi segreti si rivelano, una storia alla volta.

L’Inizio della Storia Ebraica Sarda

Le prime testimonianze sugli ebrei in Sardegna provengono da Flavio Giuseppe, uno studioso romano-ebraico del I secolo. Egli registrò che nel 19 d.C., quattromila ebrei furono deportati a Roma in Sardegna dall’imperatore Tiberio. Nonostante l’imperatore sperasse che gli ebrei perissero sull’isola, i loro numerosi discendenti costruirono una vita prospera, diventando indispensabili per i governanti dell’isola nel commercio, nella finanza, nel prestito di denaro, nell’artigianato e nella medicina.

Durante il dominio aragonese, gli ebrei di Alghero erano esenti dal pagamento dei dazi doganali e potevano persino esporre lo stemma reale sulla sinagoga. Oltre ad Alghero, fiorenti comunità esistevano in altre città sarde, come Sinai, Nora e Cagliari.

Tracce del Passato Ebraico

La Sardegna è uno dei pochi luoghi in Italia con catacombe contenenti iscrizioni ebraiche scritte in “ebraico-latino”. Anche la lingua sarda conserva tracce di una presenza ebraica, con parole come “caputanni” per settembre, una traduzione letterale di Rosh Hashanah.

A Cagliari, nel quartiere Il Castello, l’antico Ghetto degli Ebrei è una meta per i pellegrini della storia ebraica. La chiesa di Santa Croce, costruita sulla struttura della sinagoga principale, e il “Centro Comunale d’Arte e Cultura il Ghetto”, un’ex caserma militare, testimoniano la presenza ebraica.

Nora e l’Alfabeto Fenicio

Nora, una città antica fondata nell’XI secolo a.C., è legata alla storia ebraica attraverso la Stele di Nora, un’iscrizione del IX secolo a.C. considerata il primo alfabeto. I Fenici, un popolo semitico che parlava una lingua simile all’ebraico, colonizzarono la Sardegna, attratti dalla sua posizione strategica e dalle risorse minerarie.

La rinascita della Comunità Ebraica

Dopo l’istituzione dello stato italiano unificato nel 1880, alcune famiglie ebraiche sarde tornarono sull’isola, ma la maggior parte dei loro discendenti fu uccisa durante l’Olocausto. Oggi, nonostante la presenza di pochi ebrei e l’assenza di una comunità ebraica formale, un numero crescente di persone riscopre le proprie radici ebraiche.

Nel 2013, una piazza di Alghero è stata rinominata “Plaça de la Juharia”, e la Sardegna si impegna a preservare la memoria della sua storia ebraica. Rabbi Barbara Aiello, la prima rabbina riformata in Italia, ha officiato numerose conversioni, Bar Mitzvah e matrimoni per i discendenti degli Anousim, coloro che furono costretti a rinunciare alla loro identità ebraica.

Un futuro di tolleranza

In un contesto europeo segnato dall’antisemitismo, la Sardegna e la Sicilia rappresentano un capitolo di speranza. La distruzione delle sinagoghe non ha spento lo spirito ebraico, e la riscoperta delle radici ebraiche è una testimonianza di resilienza e identità.

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“Gli ebrei tornano in Sardegna. In fondo, non dovrebbe essere una notizia così rilevante per un’isola: ci siamo stati e ce ne siamo andati più volte nel corso della storia. Ma dopo una storia movimentata che risale a migliaia di anni fa, che include esilio, espulsione e decimazione, una comunità sta lentamente ricominciando a formarsi su queste coste.” Caron Bluestone racconta così su Jewish News la sua esperienza di viaggio sulla nostra isola.

Questa è la mia quinta volta su questa meravigliosa isola, che vanta 2.000 km di costa eccezionale, e ogni visita è diversa man mano che la nostra famiglia cresce. Gli italiani amano i bambini e si prendono cura di loro. La Sardegna è quasi un paradiso tropicale ed è a sole due ore di volo da Londra Luton con easyJet.

I primi ebrei arrivarono qui più di due millenni fa, essendo stati esiliati durante i tempi dell’Impero Romano, nell’anno 19 d.C. Non è rimasta molta storia ebraica tangibile oggi, anche se le influenze ebraiche permangono; la parola sarda per venerdì, cenabura, prende il suo significato dal latino cena pura – festa pura – o pasto di Shabbat e caputanni, che significa capo dell’anno, da Rosh Hashanah, è usato per indicare il mese di settembre.

Sant’Antioco, un’isola raggiungibile in traghetto o in auto dal sud della Sardegna, ospita probabilmente i reperti ebraici più interessanti. All’interno delle sue catacombe, i visitatori possono ancora vedere iscrizioni scritte in ebraico e latino in uno dei pochi luoghi in cui si possono trovare in Italia.

Nel 1325, quando la Sardegna passò sotto il dominio spagnolo, la vita divenne più piacevole per la comunità ebraica. Gli ebrei spagnoli iniziarono ad arrivare, così come famiglie da Marsiglia. Molti vivevano nella capitale, Cagliari, che un tempo ospitava una grande sinagoga. La comunità più grande era ad Alghero. Ma, proprio mentre la comunità iniziava a prosperare, la Spagna iniziò a perseguitare i suoi cittadini ebrei, prima rendendo illegale l’immigrazione sotto pena di morte e infine, nel 1492, con l’espulsione.

Molti andarono a Malta, in Grecia e in Calabria. Non tornarono fino al XIX secolo con le rivoluzioni negli stati italiani nel 1848 e l’emancipazione ebraica, solo per la comunità ad essere decimata ancora una volta dalla Shoah.

Oggi, la Sardegna è vista come un’isola di opulenza e lusso, e per i turisti ebrei, le cose non potrebbero andare meglio. Ci sono molte opzioni kosher disponibili e, sebbene non ci sia una sinagoga attiva, una nascente comunità ebraica ha iniziato a emergere.

Ci siamo diretti verso l’incontaminato nord-est al Delphina’s 4* Park Hotel Cala Di Lepre, situato a breve distanza con la navetta dell’hotel dal grazioso porto di Palau. I visitatori qui possono godere di suite a un piano, progettate per integrarsi perfettamente in uno splendido parco che presenta più flora e fauna di una riserva naturale e abbastanza bougainvillea da soddisfare il Chelsea Flower Show.

Eravamo a pochi passi dal mare calmo e turchese e dalla spiaggia privata, anche se ci sono anche tre piscine, tra cui un’area dedicata ai bambini, all’hotel. C’è anche un superbo club per bambini, aperto fino alle 23:00 tutti i giorni.

La nostra casa per la settimana era una bellissima suite con due camere da letto recentemente rinnovata, che offriva molto spazio per la nostra famiglia di quattro persone.

Un avvertimento: questo è decisamente un posto per i più attivi. La posizione dell’hotel su una collina ripida significa che le viste sono mozzafiato da quasi ogni punto di vista, ma preparatevi a smaltire quei sontuosi buffet!

I buongustai saranno molto felici qui. Scegliete l’opzione di mezza pensione, o se osate, la pensione completa e sarete accolti da buffet stracolmi di antipasti freschissimi di carne, pesce e vegetariani, oltre a opzioni senza glutine. Poi ci sono le opzioni di pasta, pizza e pesce come piatto principale e, se avete ancora spazio, dessert da far venire l’acquolina in bocca. E, per pasti extra-speciali, Le Terrazze offre un ristorante à la carte più intimo.

La nostra settimana in Sardegna è volata via, con mattinate trascorse in piscina e i ragazzi che si godono il calcio e il tiro con l’arco, e pomeriggi sulla spiaggia, guardando il mare cristallino, mentre tentavano di prendere pesci nei loro secchielli.

L’ultimo giorno, sono andata alla spa dell’hotel, una destinazione a sé stante completa di tre piscine, per un massaggio che mi ha fatto scivolare in uno stato di beatitudine.

Mentre la nostra vacanza giungeva al termine, abbiamo salutato la Sardegna ancora una volta, questa isola che offre un pezzo di paradiso. Senza dubbio torneremo.”

Leggi il racconto completo su Jewish News

Su Jewish Travel Agency, Sophia Kulich propone un itinerario di viaggio per riscoprire le radici ebraiche in Sardegna:

SULLE TRACCE DEGLI EBREI IN SARDEGNA

Esplora una delle isole più belle d’Europa! Le parole sembrano inadeguate per descrivere l’effettiva divinità dei paesaggi naturali della Sardegna. Qui, dove meravigliose scogliere incontrano acque placide e smeraldine e una flora ultraterrena ricopre pendii montuosi e letti di fiumi, ci troviamo in uno dei pochi luoghi in Europa ancora intatti e protetti dal tempo.
Scopriamo tutto questo in questo tour eccezionale!

Giorno 1: Arrivo a Cagliari e Scoperta della Juharia

  • Mattina:
    • Arrivo all’aeroporto di Cagliari e trasferimento in città.
    • Passeggiata nel quartiere di Castello e visita della Juharia, l’antico quartiere ebraico.
    • Visita della chiesa di Santa Croce, costruita sull’antica sinagoga.
    • Esplorazione dell’area impropriamente chiamata “ghetto ebraico” e analisi dell’arrivo degli ebrei in Sardegna.
  • Pomeriggio:
    • Visita di Nora, antica città costiera con le prime comunità ebraiche.
    • Incontro con la società culturale ebraica “Chenàbura-Sardos pro Israele” a Cagliari.
    • Racconti sulla comunità ebraica di Cagliari.
    • Pernottamento in hotel nel centro di Cagliari.

Giorno 2: Sant’Antioco e Carloforte: Catacombe e Tradizioni Liguri

  • Mattina:
    • Trasferimento a Sant’Antioco e visita delle catacombe, con sepolcri cristiani ed ebraici e iscrizioni in ebraico e latino.
  • Pomeriggio:
    • Trasferimento a Calasetta e traghetto per l’isola di San Pietro.
    • Visita di Carloforte, borgo ligure con stradine colorate e fortificazioni antiche.
    • Ritorno a Cagliari per cena e pernottamento.

Giorno 3: Giganti di Mont’e Prama e Tharros: Archeologia e Storia Antica

  • Mattina:
    • Esplorazione della penisola del Sinis e visita del museo dei Giganti di Mont’e Prama a Cabras.
  • Pomeriggio:
    • Visita del sito archeologico di Tharros, con testimonianze nuragiche, fenicie, cartaginesi, romane, bizantine e medievali e reperti ebraici.
    • Visita del singolare villaggio di San Salvatore.
    • Cena e pernottamento nella zona di Oristano.

Giorno 4: Fordongianus e Oristano: Terme Romane e Storia Medievale

  • Mattina:
    • Visita di Fordongianus, con terme romane, chiesa di San Lussorio e casa aragonese, e scoperta del centro ebraico con cimitero.
  • Pomeriggio:
    • Visita di Oristano, con torre di San Cristoforo, monumento di Eleonora d’Arborea, siti dell’antica sinagoga e Juharia, e museo Antiquarium Arborense.
    • Cena e pernottamento nella zona di Oristano.

Giorno 5: Bosa e Alghero: Borghi Pittoreschi e Influenze Catalane

  • Mattina:
    • Visita di Bosa, borgo colorato con case lungo il fiume Temo e testimonianze della comunità ebraica.
  • Pomeriggio:
    • Trasferimento ad Alghero, la “piccola Barcellona”, e visita dell’ex Juharia e della Torre degli Ebrei.
    • Pernottamento ad Alghero.

Giorno 6: Sassari e Porto Torres: Storia Ebraica e Archeologia Unica

  • Mattina:
    • Visita di Sassari e del suo centro storico, con il quartiere di San Nicola, l’antica Juharia.
    • Visita del sito archeologico di Monte d’Accoddi.
  • Pomeriggio:
    • Visita di Porto Torres, con ritrovamenti di iscrizioni ebraiche e un anello con menorah.
    • Pernottamento ad Alghero.

Giorno 7: Olbia e la Costa Nord-Orientale: Nuraghe e Origini Ebraiche

  • Mattina:
    • Visita del Nuraghe di Santu Antine a Torralba.
    • Trasferimento a Olbia e visita della Basilica di San Simplicio, con ipotesi sull’origine ebraica del nome “Gallura”.
  • Pomeriggio:
    • Tempo libero a Olbia.
    • Pernottamento nella zona di Olbia.

Giorno 8: Partenza da Cagliari

  • Mattina:
    • Trasferimento all’aeroporto di Cagliari e partenza.

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Nel marzo 2023, il cinema sardo ha varcato i confini nazionali, arrivando fino in Israele. Grazie all’iniziativa “Visioni Sarde”, una selezione di cortometraggi isolani è stata resa disponibile online sul canale YouTube dell’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, dal 29 marzo al 4 aprile.

L’evento, frutto della collaborazione tra l’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, la Fondazione Sardegna Film Commission, la Cineteca di Bologna e l’Associazione “Visioni da Ichnussa”, ha avuto l’obiettivo di promuovere il cinema sardo all’estero e di far conoscere la ricchezza culturale dell’isola.

Il pubblico israeliano ha potuto apprezzare una varietà di opere, tra cui: “Il Pasquino” di Alessandra Atzori e Milena Tipaldo, un’animazione sulla storia della rivista satirica; “Il volo di Aquilino” di Davide Melis, un dialogo poetico tra un anziano intellettuale e un fenicottero; “Margherita” di Alice Murgia, un racconto di formazione adolescenziale; “Di notte c’erano le stelle” di Naked Panda, un episodio di fantascienza distopica; “L’uomo del mercato” di Paola Cireddu, una storia di riscatto sociale; “Marina, Marina!” di Sergio Scavio, un’istantanea di un amore giovanile; “L’ultima Habanera” di Carlo Costantino Licheri, un flashback storico ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale; e “Un piano perfetto” di Roberto Achenza, una commedia sulla goffaggine di due aspiranti rapinatori.

Ogni cortometraggio è stato presentato con sottotitoli in inglese e un breve video introduttivo realizzato da Nevina Satta, direttrice della Fondazione Sardegna Film Commission, e dai registi stessi.

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Nel 2023, la Regione Sardegna, in qualità di autorità di gestione del programma europeo Interreg NEXT MED, ha lanciato il concorso fotografico “Trova il Mediterraneo nella tua città”. L’iniziativa, nata per celebrare la Giornata del Mediterraneo, ha invitato giovani fotografi di età compresa tra i 18 e i 30 anni a catturare l’essenza della cultura, del patrimonio e della storia del Mediterraneo nelle città dei 15 paesi partecipanti: Algeria, Cipro, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Giordania, Libano, Malta, Palestina, Portogallo, Spagna, Tunisia e Turchia.

I partecipanti hanno inviato le loro fotografie entro il 10 novembre, seguendo le istruzioni fornite sul sito web del programma. Le immagini, votate dal pubblico, hanno celebrato la diversità e la ricchezza del Mediterraneo, rivelando le sfumature uniche che si manifestano in ogni città.

I vincitori del concorso hanno avuto l’opportunità di presentare le loro opere durante un evento Interreg NEXT MED, con spese di viaggio e alloggio incluse. Il concorso, parte della più grande iniziativa multilaterale finanziata dall’Unione Europea nello spazio mediterraneo, ha promosso la cooperazione e la valorizzazione del patrimonio culturale condiviso.

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Il 25 aprile 2023, la cittadina di Luras è stata teatro di un evento sportivo dal forte valore simbolico: il torneo di calcio “Selis Social Goal”. L’iniziativa, nata da un’idea di Enea Selis e sostenuta dal main sponsor Le Coq Sportif, ha portato in campo bambini provenienti da contesti difficili, uniti dalla passione per il calcio.

Oltre alle squadre locali, come il Cagliari femminile, hanno partecipato al torneo una rappresentativa mista di bambini israeliani e palestinesi, e una squadra di giovani atleti ucraini, rifugiati in Lussemburgo a causa della guerra. Un messaggio di pace e inclusione, che ha visto il calcio come linguaggio universale capace di superare barriere e pregiudizi.

Il torneo, che ha fatto da apripista al 26° Torneo mondiale “Manlio Selis”, si è svolto in un clima di festa e condivisione, con sfilate, partite e premiazioni. Un’occasione per i bambini di giocare spensierati e per gli adulti di riflettere sull’importanza della pace e della solidarietà.

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Nell’agosto 2022, Sassari è stata il palcoscenico di un evento sportivo di portata internazionale: la Waterpolo Sardinia Cup. La città sarda ha ospitato le migliori nazionali di pallanuoto del mondo, sia maschili che femminili, per una settimana di gare emozionanti e spettacolari.

L’evento, organizzato dal Comitato FIN Sardegna, ha visto la partecipazione di atleti provenienti da otto nazioni: Italia, Spagna, Ungheria, Olanda, Grecia, Israele, Serbia e Croazia. Le nazionali femminili hanno aperto la competizione, seguite dalle blasonate squadre maschili, in un calendario ricco di appuntamenti e sfide avvincenti.

La Waterpolo Sardinia Cup è stata un’occasione unica per gli appassionati di pallanuoto, che hanno potuto ammirare da vicino i campioni di questo sport e assistere a partite di altissimo livello. L’evento ha rappresentato anche un’importante vetrina per la Sardegna, che ha dimostrato di essere una terra ospitale e appassionata di sport acquatici.

Leggi la notizia completa e l’intervista a Danilo Russu, presidente della FIN Sardegna su Sardegna Reporter

Nel giugno 2022, la spiaggia dello Yacht Club L’Ancora di Stintino è stata teatro della 17° edizione del Torneo Internazionale di Beach Wrestling “Sardinia”, organizzato dalla Polisportiva Athlon Sassari. Atleti provenienti da diverse nazioni si sono sfidati in un contesto suggestivo, con il mare cristallino e l’Isola dell’Asinara a fare da cornice.

La competizione ha visto la Svizzera conquistare il gradino più alto del podio nella classifica a squadre, seguita da Israele, Gran Bretagna e Italia. Tra i risultati individuali, spiccano le vittorie degli svizzeri Thomas Epp (junior 60kg) e Tobias Portman (senior 80kg), e degli israeliani Nikita Goubarets (senior 90kg) e Lior Altshuler (senior 90+kg).

La giornata di gare è stata caratterizzata da un clima di grande sportività e agonismo, con atleti che hanno dato il massimo per conquistare la vittoria. L’evento si è concluso con la premiazione dei vincitori e l’annuncio dei training camp che si sono svolti nei giorni successivi.

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La Sardegna, isola al centro del Mediterraneo, ha ospitato comunità ebraiche fin dall’antichità, lasciando tracce indelebili nella sua storia e cultura.

Le Prime Testimonianze e l’Epoca Romana

Le prime testimonianze della presenza ebraica in Sardegna risalgono all’epoca romana, quando l’isola divenne un importante centro commerciale e culturale. La presenza di comunità ebraiche è documentata in diverse città, tra cui Cagliari, Sulci e Tharros.

Il Medioevo e la Convivenza Pacifica

Durante il Medioevo, la Sardegna visse un periodo di relativa tolleranza religiosa, con la convivenza pacifica tra ebrei, cristiani e musulmani. Le comunità ebraiche si integrarono nella società sarda, contribuendo allo sviluppo economico e culturale dell’isola.

L’Inquisizione Spagnola e l’Espulsione

L’arrivo degli spagnoli nel XV secolo segnò un punto di svolta nella storia degli ebrei in Sardegna. L’Inquisizione spagnola perseguitò le comunità ebraiche, culminando nell’editto di espulsione del 1492.

L’Epoca Moderna e le Leggi Razziali

Dopo l’espulsione, la presenza ebraica in Sardegna si ridusse drasticamente. Solo nel XIX secolo, con l’emancipazione degli ebrei in Europa, alcune famiglie ebraiche tornarono a stabilirsi sull’isola. Tuttavia, le leggi razziali del 1938 segnarono un nuovo periodo di persecuzione.

L’Eredità Culturale e la Memoria

Nonostante i periodi di persecuzione, la presenza ebraica in Sardegna ha lasciato un’eredità culturale significativa. Tracce linguistiche, usanze culinarie e toponimi testimoniano la profonda integrazione degli ebrei nella società sarda.

La storia degli ebrei in Sardegna è una storia di resilienza e di integrazione, di convivenza pacifica e di persecuzione. Una storia che merita di essere raccontata e ricordata, per comprendere appieno la ricchezza e la complessità della cultura sarda.

Per un approfondimento consulta l’articolo della Rivista dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea

La Sardegna, terra di antiche tradizioni e crocevia di culture, custodisce un legame millenario con il mondo ebraico, testimoniato da tracce linguistiche e usanze culinarie che si tramandano di generazione in generazione. Mario Carboni, in un’appassionata riflessione, ci guida alla scoperta di questo legame, partendo dalla lingua sarda, un idioma neolatino unico, studiato in tutto il mondo per le sue peculiarità.

Tracce Linguistiche ebraiche in Sardegna

Il mese di settembre, “Cabudanni” in sardo, richiama il “Rosh Hashanah” ebraico, l’inizio dell’anno. Il venerdì, “Chenàbura”, evoca la “Coena pura”, la vigilia di Pesach, la Pasqua ebraica. E ancora, “Lampadas”, giugno, ricorda le lampade accese nel solstizio d’estate.

Queste tracce linguistiche, secondo il linguista Max Leopoldo Wagner, sarebbero state introdotte in Sardegna dagli ebrei del Nord Africa, durante il periodo in cui l’isola era sotto il dominio dell’Esarcato d’Africa o di Cartagine.

“Su Pane Purile”: L’Azzimo Sardo, un’Eredità Culturale

Ma è nella tradizione culinaria che il legame tra Sardegna ed ebraismo si manifesta con maggiore evidenza. “Su Pane Purile”, o “Cotzula Purile”, è il pane azzimo sardo, preparato senza lievito e consumato durante la Pasqua ebraica, il Pesach.

L’assonanza tra “Purile” e “Purim”, la festa ebraica che precede Pesach, testimonia l’influenza della cultura ebraica nella tradizione sarda.

Un’Usanza Antica, un Legame Vivo

La preparazione del “Pane Purile”, descritta da viaggiatori e scrittori come Padre Antonio Bresciani, rievoca le usanze bibliche, con la cottura del pane nella cenere calda o sui carboni.

Un’usanza che si è tramandata nel tempo, fino ai giorni nostri, quando alcune confraternite neocatecumenali cattoliche celebrano l’Eucaristia con pane azzimo, rievocando l’Ultima Cena di Gesù, ebreo praticante, che consumò pane azzimo durante il Seder pasquale.

Mario Carboni, con i suoi ricordi d’infanzia, ci riporta alle tradizioni familiari, quando “Su Pane Purile” veniva preparato con cura e passione, un gesto che univa le generazioni e custodiva un’eredità culturale millenaria.

Nel marzo del 2022, la Sardegna ha fatto tappa a Tel Aviv, partecipando con successo all’International Mediterranean Tourism Market (IMTM). Dopo aver promosso le sue bellezze a Parigi al Salone del Turismo, l’isola ha puntato sul mercato israeliano, un bacino turistico di grande interesse.

Uno stand di 100 mq, allestito con cura, ha ospitato operatori turistici sardi e momenti di promozione enogastronomica, attirando l’attenzione di numerosi visitatori e di importanti figure istituzionali.

L’assessore regionale Gianni Chessa ha sottolineato l’importanza del mercato israeliano, che prima della pandemia rappresentava un’importante fonte di introiti per l’Italia. Ha inoltre ribadito l’impegno della Regione a promuovere la Sardegna a livello internazionale, valorizzando le sue risorse naturali, culturali e gastronomiche.

La partecipazione all’IMTM si è rivelata un’occasione preziosa per presentare l’offerta turistica sarda a un pubblico internazionale e per rafforzare i legami con il mercato israeliano.

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Nuove ricerche israeliane stanno riscrivendo la storia dei commerci tra la Sardegna e il Levante nell’Età del Bronzo, gettando luce su un’antica rotta commerciale che collegava queste due regioni.

Uno studio di Lipiński ha messo in discussione la tradizionale localizzazione della biblica Tarshish, suggerendo che si trovasse in Sardegna anziché nella penisola iberica. L’analisi di testi antichi, infatti, indica che Tarshish era un’isola situata all’estremo occidente, da cui proveniva l’argento che arrivava in Israele.

Un’altra ricerca, condotta da Christine M. Thompson e Sheldon Skaggs, ha analizzato reperti d’argento rinvenuti nel sud della Fenicia, scoprendo che la maggior parte di essi proveniva da miniere sarde. Questo risultato inaspettato ha portato gli studiosi a ipotizzare che i commerci fossero gestiti da qualcun altro, forse i Popoli del Mare, e in particolare gli Sherden/Sardi.

Un terzo studio sulla provenienza dei reperti di piombo nell’Est del Mediterraneo ha confermato queste conclusioni, rivelando che anche il piombo sardo circolava nei mercati del Levante già dalla Tarda Età del Bronzo. I reperti rinvenuti a Timna, Beth Sean e in diversi relitti testimoniano la presenza di piombo sardo in Medio Oriente, suggerendo che gli scambi fossero reciproci, con reperti di rame del Sinai trovati in Sardegna.

Questi studi israeliani stanno rivoluzionando la nostra comprensione dei commerci antichi, svelando un legame profondo e duraturo tra la Sardegna e il Levante.

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La Sardegna ha fatto centro a Tel Aviv, portando a casa importanti riconoscimenti al prestigioso concorso internazionale Terravino 2016. Il protagonista indiscusso è stato il Tìros di Siddùra, un vino rosso che ha conquistato la giuria e si è aggiudicato la medaglia d’oro, unico vino sardo a ottenere il massimo riconoscimento.

Il Tìros, nato con l’ambizione di competere con i migliori vini del mondo, ha dimostrato di essere all’altezza delle aspettative, superando la concorrenza di oltre 600 vini provenienti da 24 paesi diversi. La giuria, composta da esperti internazionali, ha riconosciuto la qualità e l’eccellenza di questo vino sardo, confermando il valore del progetto della Cantina Siddùra.

Ma non è finita qui. La Sardegna ha portato a casa anche due medaglie d’argento, conquistate dal Cannonau Fòla 2014 e dal Vermentino di Gallura Bèru, entrambi della Cantina Siddùra. Un successo che conferma l’eccellenza della produzione vinicola sarda e la sua capacità di competere a livello internazionale.

L’amministratore delegato di Siddùra, Massimo Ruggero, ha espresso grande soddisfazione per i risultati ottenuti, sottolineando l’importanza di vincere premi in un paese come Israele, con una produzione di vino di alto livello e un pubblico di intenditori.

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Una scoperta sensazionale dell’università di Haifa sta riscrivendo la storia, svelando un legame profondo e antichissimo tra la Sardegna e Israele. Lingotti di piombo, rinvenuti nel porto di Cesarea, portano infatti la firma inequivocabile della terra sarda, precisamente del Sulcis, e marchi cipro-minoici, rivelando un’epoca in cui le due terre erano unite da rotte commerciali e scambi culturali.

Questa scoperta straordinaria ci parla degli Shardana, un popolo di guerrieri del mare, che secondo molti studiosi erano i navigatori nuragici della Sardegna. I lingotti, risalenti all’epoca del faraone Ramses II, testimoniano la presenza sarda in Medio Oriente, un legame che affonda le sue radici in un passato lontano.

Ma le connessioni non si fermano qui. I nuraghi, simboli della civiltà sarda, trovano eco in costruzioni simili in Israele, a testimonianza di un popolo che non conosceva confini e che navigava attraverso il Mediterraneo. La scoperta dei lingotti di piombo non solo conferma la presenza degli Shardana in Israele, ma ci offre anche una nuova prospettiva sulla civiltà nuragica, un popolo di navigatori e commercianti che collegava la Sardegna al Medio Oriente.

Questa scoperta è un tassello fondamentale per comprendere le antiche connessioni tra la Sardegna e Israele, un legame che ci invita a riflettere sulla ricchezza e la complessità della storia del Mediterraneo.

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Hai mai pensato che la Sardegna e Israele potessero avere un legame più profondo di quanto immagini? Elio Moncelsi, artista e storico nuorese, ci svela una storia affascinante: quella di un’antica connessione tra sardi ed ebrei, un filo rosso che attraversa i secoli.

Dalle deportazioni romane all’editto del 1492, l’intervista di Moncelsi per La Nuova Sardegna ci porta in un viaggio nel tempo, alla scoperta di una Sardegna accogliente e rifugio per il popolo ebraico. Lo storico sardo ci racconta di comunità fiorenti, di cognomi condivisi, di una cultura che si è mescolata e arricchita nel cuore del Mediterraneo.

Ma non è solo storia: è un racconto di persone, di incontri, di un’affinità che va oltre i libri. Moncelsi ci parla di un legame che si sente, che si respira, che si legge nei volti e nelle tradizioni.

E se ti dicessi che anche tu, sardo, porti nel sangue un pezzetto di questa storia? Moncelsi ne è convinto: siamo tutti un po’ ebrei, eredi di un passato che ci unisce e ci rende unici.

Leggi l’intervista completa su La Nuova Sardegna

L’autunno dell’archeologia sarda, già denso di appuntamenti,  inizia con un evento inedito nel suo genere ad opera dell’associazione Chenàbura: l’incontro tra una delegazione di archeologi israeliani e  i professori Giovanni Ugas e Raimondo Zucca per un tour in alcuni dei più importanti siti di età nuragica della Sardegna a cui seguirà  un convegno che per la prima volta esplorerà in maniera scientifica i dati storici sull’esistenza e i rapporti tra gli Shardana e gli altri popoli del Mediterraneo.

Si tratta di un’occasione unica di confronto, la prima nel suo genere promossa dall’associazione Chenàbura che ha come obiettivo lo studio delle similitudini tra le costruzioni sarde e il sito di el-Ahwat, scoperto nel 1992 nella regione di Haifa e ai cui scavi  hanno partecipato due missioni dell’Università degli Studi di Cagliari, nel 1997 e nel 2000 guidate dall’archeologo sardo Giovanni Ugas.

Secondo le ricerche la costruzione risalirebbe ad un periodo compreso fra l’età del bronzo e l’età del ferro e  la sua scoperta, ad opera dell’archeologo Adam Zertal, getta una nuova luce sui rapporti tra i popoli del Mediterraneo e in particolare sugli spostamenti e i radicamenti degli Shardana in altri territori come quello dell’attuale Israele.

A seguito del tour si terrà il convegno che avrà come base di partenza gli scritti del grande archeologo israeliano  scomparso nel 2015, per poi addentrarsi sui dati e le risultanze oggettive fino ad oggi merse sul popolo degli Shardana.

La visita – studio

11 ottobre 2023

La  delegazione israeliana composta dell’archeologo Shay Bar, dell’archeologa Tzilla Eshell,  docenti dell’Università di Haifa e dell’ex ambasciatore in Italia Dror Eydar, storico e scrittore,  tutti provenienti da Israele,  sarà accompagnata dagli studiosi Giovanni Ugas e Raimondo Zucca, due dei massimi esperti di archeologia sarda, in una visita- studio tra i più importanti siti nuragici del Centro – Sud Sardegna:  il nuraghe Santu Antine di Torralba, il tempio di Santa Cristina a Paulilatino, il  nuraghe di Barumini e il Protonuraghe Su Mulino Villanovafranca.

Sullo sfondo gli studi sul sito di el-Ahwat, scoperto nel 1992 nella regione di Haifa dal grande archeologo israeliano Adam Zertal e l’esigenza di validare scientificamente alcune supposizioni sugli spostamenti di alcuni soldati, probabilmente marinai nei territori dell’attuale Israele.

La delegazione partirà la mattina dell’11 ottobre 2023 a bordo di un bus, presenti anche due filmaker che realizzeranno un documento  filmato.

Il giorno prima,  il 10 ottobre 2023, gli studiosi israeliani incontreranno le autorità cittadine a cui seguirà una visita al Museo Archeologico di Cagliari.

Il viaggio studio della delegazione israeliana  si chiuderà con un importante convegno che si terrà il 12 ottobre 2023 alla Manifattura Tabacchi di Cagliari dal titolo:  ” Sardi e Shardana nell’Est del Mediterraneo e gli Scavi di el-Ahwat. Convegno in ricordo di Adam Zertal”.

Il convegno internazionale

12 Ottobre 2023 h. 10:00 – Sa Manifattura

Il convegno di studi internazionale avrà come base di partenza gli scritti dell’archeologo Adam Zertal sulla scoperta del sito di el-Ahwat.

Sarà lo studioso Shay Bar, docente dell’Università di Haifa, ad affrontare, dopo i saluti istituzionali l’argomento con una relazione dal titolo “Adam Zertal l’uomo e lo studioso. The Sisera’s Secret”.

La sua relazione è prevista per le 11:15 del 12 ottobre 2023, seguirà poi l’intervento dell’ex Ambasciatore Dror Eydar e la relazione degli archeologi Nicola Sanna e Alassenda Placido sulle Attività e le visite guidate didattiche in Israele degli allievi dell’università di Cagliari durante le campagne di scavi del 1997 e del 2000.

Nell’arco della giornata saranno presenti:

Dror Eydar Ex Ambasciatore d’Israele in Italia, storico e giornalista che terrà una relazione dal titolo “Sisera nel contesto biblico di el-Ahwat”;

Nicola Sanna  illustrerà le “Attività e le visite guidate didattiche in Israele degli allievi dell’università di Cagliari durante le campagne di scavi del 1997 e del 2000”;

Raimondo Zucca dell’ Università di Sassari, interverrà con una relazione su “I Sardi nel Mediterraneo Orientale tra Creta, Cipro, Egitto e Levante nei secoli XIII-XI a,C”.

Giovanni Ugas già docente dell’Università degli Studi di Cagliari e ricercatore interverrà su “L’apporto dell’Università di Cagliari agli scavi in el-Ahwat e la problematicità degli stanziamenti dei Popoli del Mare nell’Est del Mediterraneo”.

Il convegno si chiuderà nel tardo pomeriggio con un confronto sulla visita studio nei siti del Centro – Sud Sardegna.

Per chi non potesse essere presente, il convegno si potra seguire in streming su Youtube cliccando qui.

Il Programma

PRESIDENZA A TURNO DEI RELATORI

con Bruno Spinazzola e Alessandra Addari dell’Associazione Chenàbura

Ore 10.00 – 10:30 Accettazione e Saluti istituzionali

  • Apertura dei lavori con Mario Carboni Presidente di Chenàbura

Ore 11.20 Shay Bar – University of Haifa e Giovanni Ugas – Già Docente dell’Università di Cagliari

  • Adam Zertal l’uomo e lo studioso

Ore 12.00 Dror Eydar Storico, editorialista, ex-Ambasciatore di Israele in Italia

  • Sisera nel contesto biblico di el-Ahwat

Ore 12:45 Discussione

Ore 13:30 Food break

Ore 15.00 Alessandra Placido e Nicola Sanna – Archeologi

  • Attività e visite didattiche in Israele dell’Università di Cagliari nelle campagne di scavi del 1997 e 2000 a el-Ahwat

Ore 15.45 Shay Bar – University of Haifa

  • El-Ahwat, a forgotten early iron age fortified city

Ore 16.30 Raimondo Zucca e Anna Paola Delogu – Università di Sassari

  • I Sardi nel Mediterraneo Orientale tra Creta, Cipro, Egitto e Levante nei secoli XIII-XI a,C.

Ore 17:15 Coffee break

Ore 17:35 Tzilla Eshel – University of Haifa

  • The metal assemblage from el-Ahwat

Ore 18.15 Giovanni Ugas – Già Docente dell’Università di Cagliari

  • L’apporto dell’Università di Cagliari agli scavi in el-Ahwat e la problematicità degli stanziamenti dei Popoli del Mare nell’Est del Mediterraneo

Ore 19:05 Dibattito condotto da Alessandra Addari

Ore 19:30 Conclusioni

Chenabura

Le tre giornate sono organizzate dall’associazione Chenàbura che da più di dieci anni opera nel territorio per valorizzare e riscoprire le radici ebraiche del popolo sardo e per rinsaldare i rapporti tra la Sardegna e Israele.

La sua attività si svolge attraverso iniziative  di tipo culturale con convegni di studi, lezioni sull’ebraismo, raccolta di scritti e di oggetti che riguardano la vita degli ebrei in Sardegna; di tipo sociale, con la celebrazione delle principali festività ebraiche aperte al pubblico  e di tipo scientifico, favorendo gli incontri tra esperti e professionisti sardi di ogni settore e gli omologhi israeliani.

Lo scorso anno Chenàbura ha inaugurato il MUCE, il Piccolo Museo di Cultura Ebraica, ha dato modo a un centinaio dipersone di partecipare gratuitamente alle visite guidate nella Giuderia di Castello, ha condotto studi sulle origini ebraiche della cucina sarda, ha promosso un convegno sull’Agricoltura 5.0 e uno sulla Cybersecurity. Ha inaugurato il Giardino dei Gisuti a Cagliari.

Nel ricco programma 2023 anche il recente evento dedicato alla “settimana europea della cultura ebraica” che ha avuto luogo tra il 10 e il 17 settembre e al cui interno era inserita una rassegna di film sulla realtà israeliana attuale e sul ruolo della donna in una società multietnica, evento che si è chiuso con una lezione sulla “bella rinascita della lingua ebraica” tenuta dallo studioso Diego Corraine.

Il presidente dell’Associazione Chenàbura è Mario Carboni, direttore artistico Bruno Spinazzola.

La sede dell’Associazione si trova in via Lamarmora, 88 dove ha sede anche il MUCE.

I progetti sono finanziati dalla Regione Sardegna –  LR 17/21 tab. A Annualità 2023”.

Per informazioni e prenotazioni 339 6928227 o via mail all’indirizo chenabura@gmail.com

L’autore pur non essendo ebreo di origine si è interessato di una comunità che in Sardegna si è integrata senza alcuna difficoltà, forse unico caso nella storia delle diaspore europee. Per questo motivo l’autore ha affermato anche pubblicamente che “Noi sardi abbiamo tutti una goccia di sangue ebreo”.

Nell’interessante libro di Moncelsi si ripercorre la storia degli ebrei nell’isola,  giunti per la prima volta a seguito delle migrazioni dei popoli del Mediterraneo in epoca pre romana, ma  fu al tempo dell’imperatore Tiberio, nel 19 dell’Era Volgare che venne inviato nell’isola un consistente contingente di 4000 soldati. I soldati ebrei vennero arruolati a forza perchè la comunità israelita di Roma stava diventando sempre più numerosa ed era dunque considerata un pericolo. In questo modo l’imperatore sperava di eliminare il problema ebraico nella capitale e allo stesso tempo fare in modo che ebrei e sardi si massacrassero a vicenda. Non fu così perchè i  soldati nel tempo si integrarono con la popolazione locale come testimoniano i numerosi reperti archeologici ritrovati a dimostrazione del radicamento della comunità nell’isola.

Dopo la dissoluzione dell’Impero romano gli ebrei sardi continuarono ad espandersi e ad avere le loro comunità e le loro sinagoghe, come confermano anche le lettere di papa Gregorio Magno il quale al clero locale dava disposizioni intorno all’atteggiamento da assumere in relazione agli ebrei di Cagliari, esortandolo a rispettare il culto praticato nella loro sinagoga.

Il saggio ripercorre le vicende della comunità sarda fino all’editto di Granada che ebbe come risultato la cacciata anche dall’isola degli ebrei nel 1492. Molti decisero di restare,  ma furono costretti alla conversione e a nascondere ogni segno di appartenenza alla cultura ebraica per non destare I sospetti dell’Inquisizione. Le tracce allora della comunità si persero nel tempo, tanto che alla  vigilia del secondo conflitto mondiale, il censimento del 1938 quantificò in 67 il numero degli ebrei nelle tre province sarde e su di loro si applicarono le restrizioni previste dalle “leggi razziali”, ma non vi furono deportazioni.

Nonostante questa difficile storia ancora oggi secondo Elio Moncelsi è possibile riconoscere moltissimi cognomi ebraici di origine sefardita e usanze e riti che riportano alla cultura ebraica diffusa capillarmente nell’isola.

Di seguito il link alla registrazione della conferenza:

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Lo spettro delle cavallette è tornato a ripresentarsi nelle campagne isolane, soprattutto in quelle più interne e delle piane siccitose. Tremano a Ottana, a Noragugume a Bitti dove lo scorso anno l’invasione delle locuste aveva devastato campi e raccolti. Erano così tante che persino gli automobilisti di passaggio per le strade di collegamento dovevano tenere i finestrini chiusi per non rischiare di trovarsi l’abitacolo invaso.

Yoav Motro Ottana
Yoav Motro Ottana

La scorsa estate quando ormai le cavallette si erano moltiplicate ed era difficile trovare una soluzione immediata, gli esperti israeliani che accompagnavano la delegazione dell’ambasciatore Dror Eydar in visita nell’isola, si erano recati a Ottana per un sopralluogo e avevano dato consigli utili ai responsabili del settore agricoltura della Regione.

La delegazione era guidata da Yoav Motro, considerato in Israele, la massima autorità nella lotta alle locuste che già allora aveva proposto una campagna di monitoraggio, controllo e disinfestazione con l’aiuto dei droni.

Un metodo che aveva anche riproposto ai sardi partecipando al convegno tenutosi a Cagliari il primo dicembre dello scorso anno:  “agriVerso Agricoltura 5.0, Israele incontra la Sardegna” organizzato dall’associazione Chenàbura in collaborazione con la Confagricoltura Sardegna.

in quell’occasione  Motro aveva spiegato una semplice formula per vincere la battaglia contro questi insetti divoratori: “Tecnologia, con l’utilizzo dei droni, scienza, con l’aiuto di esperti, ma soprattutto un ‘comandante’ che opera e prende le decisioni sul campo”.

In una intervista rilasciata al nostro giornale Yoav Motro si era espresso in questo modo: “gli Israeliani non si possono permettere il lusso dell’inefficienza, abbiamo combattuto le invasione di cavallette con successo in Giordania, In Israele, In Etiopia in luoghi dove le cavallette potevano affamare milioni di persone. La nostra esperienza sul campo durante queste diverse campagne, ha creato un metodo abbinato ad una tecnologia molto efficace, che dobbiamo ancora continuare a sviluppare per il bene di tutti. In un mondo in crisi come il nostro, la produzione alimentare va salvaguardata e diventiamo molto più attenti a non perderla. Quando prima si poteva pensare di semplicemente compensare l’agricoltore adesso bisogna proprio proteggere la produzione e I droni sono uno strumento che permette di fare questo”.

I tempi della burocrazia però non sembrano eguire quelli della natura e tantomeno quelli della riproduzione delle cavallette. Oggi la Sardegna è spaventata, i sindaci hanno chiesto interventi immediati alla Regione Sardegna e la resposnabilità di coordinare la campagna contro le cavallette è stata affidata ad un ente pubblico, Laore che sta cercando di accelerare i tempi per chiedere le autorizzazioni necessarie all’utilizzo dei droni almeno per il monitoraggio.

Gli esperti israeliani con la società Alta sono pronti a fare la loro parte.

Di seguito un video in cui i droni di Alta lottano contro le cavallette